Quando ero criaturo mammà mi mandava a fare la spesa alle
puteche. Allora non era come a mo che i criaturi si debbono accompagnare pure
se dal corridoio devono andare nel cesso. Ci lasciavamo pascolare liberi per le
strade in preda ai cacauffi senza farsi troppi problemi.
Mammà mi faceva la lista della spesa, molto dettagliata e
ricca di particolari cromatici, tipo: VARRECCHINA AURORA BIANCA, AIACS TAPPO
BLU, SAPONETTA SOLE GIALLA etc.. etc.. e non sia mai ti arritiravi a casa con
l’AIACS TAPPO VERDE, dovevi tornare a portarglielo indietro non prima di avere
avuto una solenne cazziata.
Allora io pigliavo la lista e le 10.000 lire e le stringevo
forte in pugno, e poi cominciavo a correre. Correvo sempre da criaturo, correvo
popio come un pazzo manco se qualcuno mi stesse sucutiando per pigliarmi a
paccheri, cosa abbastanza probabile tra l’altro.
E così arrivavo sano e salvo da Elisa La Modellista; puteca di tessuti, tendaggi, aghi, cutone,
cerniere, buttuni, caramelle, giocattoli e detersivi. A Pasqua ci potevi
trovare le uova di cioccolato e a Natale i diavulilli per gli struffoli.
Diciamo che all’epoca (pure mo a dire il vero in alcune zone di Napoli) la
categoria merceologica era lasciata molto al libero arbitrio.
Elisa la Modellista, signora anziana mitologica a cui tutte
le donne che si cimentavo nella sacra arte del cosere facevano riferimento, una
specie di StivGiobs delle sarte per intenderci, curava solo il reparto tessuti,
mentre il reparto detersivi era gestito dalla figlia Adelina.
Adelina teneva gli occhi azzurri (una rarità dalle mie
parti), i capelli biondissimi (una rarità dalle mie parti), e doje zizze tante
oì! (una rarità dalle mie parti). Anche
se a sette anni non è che avevamo ancora certi istinti eravamo comunque
attratti da quella figura fiabesca, quasi fosse una fata o una principessa… nun
è over… quelli della mia generazione già a 7 anni era stati unti dal sacro
fuoco della rattusamma. Ma comunque non ce ne rendevamo conto ancora appieno.
Adelina prendeva la lista dalle mie mani quasi schifata, e
poi cominciava a portare dagli scaffali al bancone tutti i detersivi richiesti,
dopo di che prendeva il foglio di un quaderno a righi, lo piegava, ne strappava
la metà, e cominciava a fare il conto. Operazione tra l’altro inutile perché
mammà sapeva i prezzi a memoria e il conto ce lo aveva già fatto per paura che
vedendo a un criaturo i putecari mi facevano fesso. E non sia mai Adelina o
chiunque altro mi avessero fatto pure 50 lire sarebbero stati sputtanati in
tutto il paese nell’arco di 15 minuti netti e costretti a chiudere l’attività a
furor di popolo.
Adelina ci metteva un poco di tempo a fare il conto,
evidentemente non era andata troppo a scuola, e faceva i numeri grossi e pieni
di ghirigori, poi prendeva i detersivi e faceva una cosa strana; sul bancone
teneva una catasta di quotidiani vecchi e cominciava a incartare i detersivi
uno alla volta.
Io rimanevo incantato dai movimenti lenti della mani di
Adelina, ogni piega, ogni strappo di scotch, ogni movimento del capo, mi
procuravano un brivido lungo la schiena e una sensazione di pace mistica tanto
era la cura che Adelina ci metteva nel farlo.
Poi Adelina schiattava tutto nella busta e il resto quasi me
lo tirava appresso spesso dicendomi qualche malaparola. All’epoca i criatuti
venivano maltrattati a schiovere, forse per preparaci alla vita di merda che ci
aspettava.
Per molti anni mi sono chiesto perché Adelina mi incartava i
detersivi, poi crescendo l’ho capito; All’epoca c’era il culto della
riservatezza, tutti si facevano i cazzi propri, nessuno escluso, quindi Adelina
incartava i detersivi perché nessuno per strada doveva capire quello che io
avevo comprato, magari facendomi i conti in tasca etc.. etc..
A me questa cosa antica un poco mi è rimasta, questa remora
ad esporsi per forza, questo voler avvolgere la propria vita per proteggerla anche
solo dagli sguardi altrui.
In pratica questo lungo racconto solo per dirvi che vi
dovete fare una carrettella di cazzi dei vuostri.
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