lunedì 1 luglio 2024

Che cos'è Napoli?

Che cos’è Napoli? Di sicuro non è solo una città. Deve essere sicuramente qualcosa di astratto, altrimenti non si spiega perché scrittori, poeti, registi, autori… hanno sempre provato a definire in qualche modo Napoli ma nessuno ci è mai riuscito appieno. Come se la città, i monumenti, i musei, perfino la cultura venissero dopo, fossero conseguenza di un qualcosa che già c’era. Qualcosa di arcaico. Forse solo i greci hanno visto Napoli. Qualcuno ha detto che Napoli è un sentimento. Ci è andato vicino secondo me, anche se forse questa cosa è valida solo per i napoletani, mentre Napoli è qualcosa di percepibile a tutti, anche a chi ci viene solo in visita. Qualcun altro ha detto che Napoli è una sensazione. Ci è andato ancora più vicino secondo me. “Come stai oggi?” “Mi sento un poco Napoli”. Per me ha senso, ma è difficile che lo abbia per tutti. Nel libro Ciro cita i famosi barattoli con l’aria di Napoli. Buccaccielli vuoti venduti come souvenir. Li ricordo fin da piccolo i giornalisti alla tv che facevano i servizi su questi barattoli, portati ad esempio della genialità dei napoletani, dell’arte di arrangiarsi (termine che schifo), della napoletanità (termine che schifo ancora di più). Eppure secondo me sono la cosa che più si avvicina alla definizione di cos’è Napoli. L’aria di Napoli è la prima cosa che ti rimane impressa e che ti manca quando te ne vai. Per aria non intendo l’ambiente, il contesto, l’atmosfera. Parlo proprio dell’aria. Napoli ha la sua aria, un suo respiro, come se il vuoto sotto la città fossero polmoni che rilasciano qualcosa che non è semplicemente ossigeno. Ti entra dal naso e non riempie solo i polmoni ma tutto l’addome, il cuore, la testa e poi uscendo ti purifica. Ogni respiro è liberazione. E’ fuoco? Lava? Tufo? Mare? E chi la conosce la ricetta di quest’incantesimo... so solo che funziona. Ti lega e non ti lascia più. Pure se ci vieni solo come turista, te ne vai sapendo che dovrai ritornare perché ormai questo sortilegio ti ha colpito e ti manca o’ ciato. Quando sei lontano da Napoli non ti prende semplicemente la nostalgia di casa, magari della famiglia o degli amici, è qualcosa di diverso. “Vivere Fuori” così si dice, ed ha un senso molto più profondo della collocazione geografica. Hai una bella vita, il tuo lavoro, i tuoi amici, la tua casa e la tua bella città, dove magari funziona tutto meglio che a Napoli. Però al contempo hai la terribile sensazione che ti stai perdendo qualcosa, come se la vita, non strettamente la tua, ma la vita come “concetto” si trovasse da qualche altra parte. Le cose succedono a Napoli ed io me le sto perdendo. “Vivo Fuori” così si dice. Capita a tutti di provare questa terribile sensazione, anche a chi non è di Napoli, di stare sprecando il proprio tempo, che la vita sta passando e tu non la stai vivendo, di vivere senza sentirsi vivo. Se ti capita vieni a Napoli che ti passa. Sergio Bruni ha scritto “l'ammore è 'o ccuntrario d'a morte”, forse si potrebbe dire che Napoli è 'o ccuntrario d'a morte. Ci sareste andati vicino ma comunque non del tutto. Ciro Pellegrino ha scritto una lettera d’amore. Una lettera d’amore dove non c’è mai scritto “ti amo”, che poi sono quelle più belle. Ci vorrebbe un termine apposito per descrive l’impeto, la passione, l’angoscia, la frustrazione e la rabbia che un napoletano prova quando ti vuole descrivere la sua Napoli. In questo libro questa cosa ti annega e ti fa mancare il respiro. Ciro ti porta a Napoli con le parole, non solo per le vie, gli itinerari, le opere d’arte, le architetture… ti fa sentire lì con lui, ti fa sentire quel sentimento, quella sensazione, addirittura quell’aria e perfino 'o ccuntrario d'a morte. L’impeto, la passione, l’angoscia, la frustrazione e la rabbia di un innamorato che ti vuole descrivere la persona cha ama, non semplicemente descrivendola fisicamente o nel carattere, ma vuole che anche tu ti innamori di lei, perchè solo così lo potrai capire.

1 commento:

  1. Un "qualcosa" di indefinito, izioni "qualcosa" che si fa rimpiangere, ricordare, senza essere nemmeno facilmente definibile lo hanno molte città, soprattutto quelle cariche di storia, ma non solo, da Parigi, a Pechino, a San Pietroburgo, a Istanbul, New York, San Francisco, etc.
    Ma non è che parlare di Napoli sempre come qualcosa di esoterico, è anche un ostacolo? O persino una trovata pubblicitaria che dura da troppo tempo?
    Queste descrizioni struggenti mi ricordano troppo la retorica della napoletanità che finisce per essere costruzione delle peggiori napoletanerie ad uso di turisti annoiati in cerca di emozioni forti, di quelli felici di portarsi a casa la foto dei tre in moto e senza casco.

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