lunedì 1 luglio 2013

Rosaria Urla



Rosaria urla, in modo spaventoso, come se la stessero torturando, quando arrivi al quinto piano e la senti, la prima cosa che pensi è “oddio cosa le stanno facendo” la seconda è “dove sono capitato”. Rosaria doveva essere una bella donna, adesso appare solo come una malata di mente su una sedia a rotelle, magrissima, coi capelli rasati e la testa piena di cicatrici, ma ha due occhi grandi, chiari. Rosaria urla, si lamenta come se qualcosa le stesse stracciando il cuore, urla i nomi di chiunque passi davanti alla sua stanza; infermieri, medici, visitatori abituali… ormai conosce tutti, è da più di un anno che è ricoverata qui, quando poi qualcuno si ferma a chiederle cosa vuole improvvisamente si calma e con una voce da bimba risponde sempre le stesse tre cose: “Cioccolata”, “gelato” oppure “mi accompagni giù?”. Rosaria urla, continuamente, non si ferma un attimo, per darle e darci tregua ho preso l’abitudine di comprare 5 tronky giù al bar dell’ospedale, la mattina, quando cerco di entrare, e spesso ci riesco, prima dall’orario di visita dei parenti, e quando proprio non ne posso più gliene do uno e lei passa in un attimo dalla disperazione più atroce ad una educazione docile e calma che non ti aspetti, smette di urlare e esclama pacata “grazie signore” e un attimo dopo ricomincia a strillare come se avesse un coltello conficcato in petto. Rosaria urla, disperata, è stata un po’ adottata da tutti qui al quinto piano, anche perché la sua unica figlia in più di un anno sarà venuta a trovarla solo un paio di volte, e l’ultima volta che venne Rosaria si accorse che indossava la fede, che prima non aveva, e allora cominciò a urlare più del solito, come se qualcosa le stesse stracciando il cuore, è forse quella volta lo stava facendo per davvero. Rosaria più di un anno fa ha scoperto suo marito a letto con un'altra donna e si è buttata dal terzo piano, da allora vive al quinto piano di questo ospedale. Io a Rosaria ci voglio bene.

Maria è molto timida, parla pochissimo, è più in carne rispetto a Rosaria tanto che ci sta a stento sulla sedia a rotelle, ed è quasi sempre depressa. Il fratello viene a trovarla tutti i giorni, Luigi, fa il pompiere e tante volte viene da lavoro ancora con la divisa addosso, è un omone col pizzetto dai modi un po’ rozzi che entra e esce da reparto senza che nessuno gli dice niente, forse per il timore che incute. L’ho vista piangere tante volte  Maria e mai ho sentito la sua voce, soprattutto quando il fratello la tratta un po’ male, ma lui è la classica persona che dimostra il suo affetto con la forza delle braccia e le ore di sonno mancanti, magari ha i modi un po’ bruschi ma è qui, tutti i giorni. Chiacchieriamo spesso io e Luigi, forse perché siamo simili, le classiche persone che ai “ti voglio bene” preferisco i metri di pizza quando sai che stasera a casa nessuno avrà voglia di cucinare. Solo una volta ho sentito parlare  Maria, quando ha visto Antonio, l’infermiere giovane, carino e gentile di cui è innamorata, quello che si prende le cazziate dal Primario perché non ci caccia dopo l’orario di visita, ci guarda e dice: “ può urlare quanto vuole, io non vi caccio!”, chissà qual è la sua storia di disperazione. “Maria hai visto c’è Antonio?!” urla imbarazzando anche me il fratello, e lei “Antò.. bicchiere..” intuisco che si tratta forse del bicchiere con le pillole che deve prendere, Antonio però è indaffarato, sta facendo il “giro” e le risponde distrattamente “Uè Maria dopo..dopo..” ma a Maria basta, e per la prima volta la vedo sorridere. Io a Maria, Luigi e ad Antonio ci voglio bene.

Sergio è il portantino, potrebbe essere il sosia di Nicola Di Bari, sembra uscito dagli anni 60 con tanto di occhiali con la montatura pesante e basette troppo lunghe, è magrissimo, a volte mi chiedo come fa spingere due pazienti con le sedie a rotelle insieme, chiama tutte le donne, anche le più anziane, “Signorina” e tutti gli uomini, compreso me, “Dottò”. Ha 2-3 battute standard che si gioca quasi tutti i giorni tipo “ adesso andiamo in discoteca!” quando porta qualche paziente a fare gli esami, oppure “oggi zuppa di cozze e alici fritte!” quando arriva il pranzo, nella vita reale non farebbero ridere nessuno ma qui diventano ossigeno puro e qualche sorriso, compreso il mio, lo rubano sempre. Sergio mi da sempre un “passaggio” sull’ascensore ad uso esclusivo del personale e una volta mi ha raccontato che suo figlio è stato in coma per 2 mesi. Io a Sergio ci voglio bene.

Le “tre Marie” sono tre sorelle che ho soprannominato così perché non ne ricordo i nomi, sono tutte e tre più o meno sulla cinquantina, vestono come se arrivassero dalla “Casa nella Prateria” e riesco a distinguerle solo perché una porta gli occhiali, un'altra ha i capelli corti e l’ultima ha i capelli lunghi. Accudiscono a turno il fratello Vittorio, uno di quelli che non si muove, non parla, mangia dal tubicino nel naso e l’unica cosa che sembra viva in lui sono gli occhi, tante volte c’ho chiacchierato con gli occhi di Vittorio, specie quando lo incrociavo in ascensore e magari entrava qualcuno e diceva “buongiorno” alle sorelle senza abbassare lo sguardo e salutare anche lui, i suoi occhi si incazzavano senza rattristarsi come a dire “non è che se non posso rispondere non mi merito neanche un buongiorno, maleducati!” e io con gli occhi gli davo ragione. Le “tre Marie” sono portatrici sane di ansia, riescono a farsi prendere dal panico anche per un ascensore che arriva un minuto più tardi, o per una finestra che non si chiude bene ecc.. è un ansia contagiosa, ma Vittorio sembra abituato ormai. Io alle “Tre Marie” e a Vittorio ci voglio bene.  

La signora Teresa ha due figlie, ha avuto un’operazione alla testa e non muove il braccio e la gamba destra, inoltre la sua malattia ha intaccato l’area del cervello che elabora il linguaggio, in pratica pensa a cosa vuole dire ma non riesce a dirlo, deve essere bruttissimo ma ha detto il dottore che poi recupererà, forse per questo spesso mi appare di una comicità ineguagliabile, chiama la figlia come a volerle chiedere qualcosa “Imma!!!....(silenzio)… uffa!” è diventa esilarante quando sostituisce quel “uffa” con qualche parolaccia pesante. Non mi conosce ma si fa spostare o mettere sulla sedia a rotelle da me. E questa fiducia da parte di una persona estranea ed anziana mi lusinga. Io alla signora Teresa e alle sue due figlie ci voglio bene. 

In un mese in questo ospedale ho sentito le storie più assurde e mi sono fatto più amici  che in 33 anni di vita, forse perché si respira un umanità che rende i rapporti umani più semplici o semplicemente come dovrebbero essere, come quando quel ragazzo che veniva da “fuori” si presentò in reparto coi suoi 4 figli tutti piccolissimi, il più grande forse aveva 9 anni non di più, e quando gli dissi “guarda che qui i bambini non li fanno entrare” lui mi spiegò che aveva fatto 4 ore di macchina e che sua moglie era lì ad assistere sua mamma in coma “ me li guardi tu per un po’?” e me li affidò senza sapere neanche come mi chiamassi, glielo lessi negli occhi quello che non mi disse “si vede, sei disperato quanto me, di te mi posso fidare” così nascosi i 4 bimbi dietro al distributore automatico e per tenerli buoni dovetti finire la mia scorta anti-UrladiRosaria di tronky.

Rosaria Urla, ma ho finito le scorte, Mamma è alla 502, mia moglie sta facendo le valigie, alle 15 arriva l’ambulanza, ci ha detto che vuole tornare a casa sua, dopo 6 giorni è morta davanti ai miei occhi. Voglio ricordarla così come è vissuta; amando e pensando prima agli altri, soprattutto quelli “più sfortunati”, e poi, solo un po’, a se stessa. Cià Mà.

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