Un uliveto cingeva la piazzola di sosta, le reti verdi per
la raccolta erano ancora vuote, dall’altro lato della strada un canale di
bonifica di epoca mussoliniana era stato invaso da un canneto alto almeno 3 metri che chiudeva la
visuale sulla vallata, il sole picchiava forte alle 2 del pomeriggio, solo un ronzio
di insetti che pulsava regolare e puzza di merda di vacca secca, Enzo scese
dalla macchina e allargando le braccia mise in bella mostra le sue ascelle
sudate mentre dalla camicia, troppo avvitata per il suo fisico, usciva lardo e
pelamma…
“Giuà… ci siamo persi...mannacciocazz…”
Giovanni: “ma il tuo navigatore?”
Enzo: “sta dando i numeri, secondo lui siamo già arrivati da
un paio di chilometri..”
Giovanni: “ma almeno sai in che Comune ci troviamo..”
Enzo: “il navigatore dice..Mordor..”
Giovanni: “…ah si… dopo Montesarchio… l’ho vista la
freccia...”
Enzo: “ma dico io sta cessa e tua cugina con tanti
ristoranti che ci stanno a Torre del Greco..”
Giovanni: “tu hai ragione… ma quella è incinta.. si doveva
sposare in un posto lontano dove non la conosce nessuno… per lo scuorno.. è
capì?..”
Enzo: “chella cessa..”
Giovanni: “eh..”
Enzo: “intanto io tengo na cazz e famm…”
Giovanni: “a chi o’ dic..… senti Enzù, non ci resta che
adottare i vecchi sistemi…domandiamo a qualcuno..”
Enzo: “Giuà ma dopo che ti sei sposato quella vacca di tua
moglie hai imparato a parlare il vacchese?” … Enzo salutò Carmela, la moglie di
Giovanni, accennando un sorriso e un occhiolino… lei rispose dalla Multipla sigillata
simulando meno zoccolaggine del solito forse a causa dell’intontimento da aria
condizionata e Biagio Antonacci… “… ccà ce stann sul vacche…”
Giovanni: “enzù… ma la ncopp… che rè? Na chiesa?”
Enzo: “addò?”
Giovanni: “là oì..”
Enzo: “ah si.. agg vist.. me par na specie e Monastero..”
Giovanni: “e ci sarà qualcuno dentro no?.. nu prevete.. nu
monaco.. nu sacrestano.. che ne sacc..”
Enzo: “non abbiamo scelta.. jamm a verè..”
I due compagni di matrimonio si incamminarono su quello che
sembrava un rettilineo ma che ben presto si rivelò “sagliuta infame”, cercando
di camminare più sotto al ciglio della strada possibile e usando lo scolo
dell’acqua piovana a mo’ di marciapiede, dopo varie sdunucchiate, un paio di
carogne di bestie non ben definite e un sonoro “addò v’arresecat!!” che
sovrastò il rombo scostumato dell’apecar da cui era stato con tanto vigore
declamato, arrivarono su un piazzale che dava sulla vallata, una specie di
terrazza il cui confine era delimitato da panchine e platani disposti
alternativamente in modo regolare, in
fondo la visione di un monastero di pietra chiara, bello, maestoso, diede per
un attimo ristoro ai fisici e alle menti dei due malcapitati, ma l’effetto durò
poco a causa dello scarsissimo livello di
interesse culturale di cui erano provvisti, e infatti si fiondarono
sulla fontanina sulla destra la cui forma fallica era stata occultata dal muschio e
dalle vespe. Si bagnarono polsi e nuca senza pronunciare parola per risparmiare
fiato, e usarono quella illusione di ricarica energetica che l’acqua ghiacciata
gli aveva dato per arrivare fino al portone del Monastero..
“Giuà …” affannosamente riusci a dire a stento Enzo…
“managgiocazzz….” Segui un’altra pausa teatralmente impeccabile… “abbuss!..”
simulando più fatica e affanno del dovuto per esimersi da un compito così pieno
di responsabilità, pensando che se li pigliavano a maleparole, o peggio a colpi
di libotto, avrebbe comunque avuto meno colpa perché in fondo non era stato lui
a bussare…
Giovanni che aveva sgamato la codardia dell’amico fin da
subito valutò in un attimo che il rischio di una così futile responsabilità di
colpa era comunque ridicolo in confronto alla fatica che sentiva in quel
momento e per ridurre i tempi di sofferenza concluse che era meglio abbozzare
ed eseguire l’ordine.. “addò s’abbuss??…”
Enzo: “stu cos e fierro ccà.. comm se chiamm?..”
“stu pirulicchio
qua?.. o’ fattappost insomm..” disse Giovanni mentre la mano che a stento aveva
alzato quel battente di ferro pesante crollo sul legno del portone sotto il
peso della fatica.. “ma che strana forma ten stu coso… me par proprio nu ca..”
“CHI E’???” tuono una voce stridula impostata a solennità
ecclesiastica…
Giovanni. “scusate, padre, vorremmo chiedervi un
informazione..”
Dal portone si aprì una piccola finestra della cui presenza
non si erano accorti e comparvero due monaci, non vi so dire se erano
francescani, domenicani o altro, avevano il saio questo si, e il cordone alla
vita anche se annodato in modo strano; due nodi grossi da i quali scendeva una
specie di cappio…
Fra’ Liborio: “ma qua padre? Io figli nun ne teng!!”
Fra’ Gesuardo: “ihihihihihihi…”
Fra’ Liborio aveva le braccia e le gambe magrissime, ma una
panza a melunessa americana talmente gonfia che anche da sotto al saio si
poteva distinguere l’ombelico che si era smerzato per lo sforzo, la faccia
rugosa e cadente, capelli bianchi contenuti in una fila di lato inpeccabile che
profumava di bergamotto, occhi strettissimi e un neo enorme e peloso sulla
guancia destra.
Fra’ Gesuardo era magrissimo, basso, la faccia di anziano e
lo sguardo di un bambino, il pizzetto, capelli neri e sporchi con la fila in
mezzo.
Giovanni: “scusate se vi ho offeso, ma come vi devo
chiamare?”
Fra’ Liborio: “chiamaci Frati!”
Giovanni: “giusto.. scusatemi ancora.. frati..”
“figurati… o frat
tuoje!!” disse Fra’ Liborio marcando sul finale e fissando il confratello..
Fra’ Gesuardo: “ihihihihihihi… ahahahhahaha…”
Giovanni: “in realtà.. frati… ci siamo persi…”
Fra’ Liborio: “Non si dice persi… si Dice Spersi!!!”
“ihihihihihi.. Fra’
Libò stai proprio in forma oggi!” la voce stridulissima di Fra’ Gesuardo vibrò
per tutto il convento..
Giovanni e Enzo si guadarono un po’ sorpresi, un po’
avviliti, al che Enzo scansò Giovanni e si fece avanti…
“stiamo cercando….” Si mise gli occhiali da vista e cacciò
un bigliettino da visita.. “l’agriturismo… “La Cularda D’Oro”… specialità carni
alla brace… Via Santa Eustacchia, 36.. località…..Montetruzzo..”
Fra’ Liborio ormai in loop con un sorrisetto ebete, sempre
la stessa cadenza e lo sguardo malizioso rivolto verso Fra’ Gesuardo “Noi non
li conosciamo i ristoranti…. Stiamo a Dieta!!”
Fra’ Gesuardo: “ihihihihihihi… uà si proprio nu comico
Libò..”
Enzo non proferì
parola, allibì, guardò Giovanni e non sapeva se ridere o piangere…
“Ma almeno mi sapete dire in che paese siamo?” provò a
chiedere dando l’ultima occasione ai frati..
Fra’ Liborio: “ o’ paese e’ pullecenelle…!!”
Fra’ Gesuardo: “ihihihihihih…ahahahahah.. me fai murì…”
Intervenì Giovanni “vabbè .. scusate il disturbo frati…
buona giornata..”
Fra’ Liborio: “buonagiornata a voi.. figurati… o’ frat
tuoje!!” stavolta rise sul finale e abbasso il capo per guardare negli occhi il
confratello..
Fra’ Gesuardo: “ahahahahahahaahaha…. O’frat tuoje…
ihihihihihihihih… me fatt tropp parià Libò…”
chiusero la finestra lasciando Enzo e Giovanni immobili
fuori al portone a fissarsi interdetti mentre dal convento si sentivano risate
sempre più fastidiose che aumentavano man man che i Frati raccontavano
l’accaduto agli altri confratelli, Enzo fece cennò con la testa a Giovanni di
avviarsi verso le auto sussurrando un sommesso e rassegnato “manacciocazz..”
“Enzù… ma che caspita e Frati so’ questi??” ruppe il
silenzio Giovanni..
Enzo: “Giuà che t’aggia dicere… a me me paren prop e Frati
ro Ca…”
Giovanni: “ENZO ENZO!! Ma guarda le vetrate del Convento… ma
che forma strana hanno?…”
Enzo: “addò?..”
Giovanni: “Là.. Oì!!!”
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